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Parola al Sommelier

Donne di vino


Da ormai 20 anni, il 25 Novembre è ufficialmente la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne. Una parola, eliminazione, che esprime l’assoluta necessità di trovare una soluzione definitiva a questa spina nel fianco per l’intera società. Abbiamo bisogno di parole nuove, di sogni, di scoperte, di idee, per andare avanti ed evolvere senza più assistere, tra rabbia e dolore, ad episodi che, invece, offuscano mente e corpo.

La cosa fondamentale è non essere inermi, ma reagire, reagire e fare, spinti dall’intelligenza e dalla positività presenti in ognuno di noi, nessuno escluso.

Abbiamo deciso, quindi, questa settimana, di raccontare cosa hanno fatto le donne per far ruotare il mondo del vino intorno a loro, come la terra ruota intorno al sole.

Parleremo brevemente di due realtà al femminile. Questo non perché un manager donna debba essere considerato un evento eccezionale, per quanto ci riguarda, ma per dare ancora voce ad un fenomeno economico e sociale, di trasformazione, alla base del quale ci sono decisioni, cambi generazionali, coraggio e amore per il vino come espressione più alta del territorio.

Partiamo da un dato: l’ultimo rapporto Cribis ci dice che è di oltre il 25% la percentuale delle aziende vitivinicole gestite attualmente da donne, le quali producono, insieme alle imprenditrici agricole, il 28% del PIL agricolo. In questi numeri ci sono nomi di donne che hanno dovuto, purtroppo, farsi strada con fatica in un mondo che si pensa appartenere ancora troppo esclusivamente agli uomini.

Una storia su tutte, quella raccontata da Donatella Cinelli Colombini, oggi presidentessa dell’Associazione Donne del Vino, che inizia la sua strada come imprenditrice vitivinicola nel 1998, lasciata l’azienda di famiglia, una delle storiche aziende produttrici di Brunello. In quell’anno, non tanto lontano se ci pensiamo, si è trovata faccia a faccia con una realtà forse inaspettata, per lei che stava cercando di costruire la sua azienda del vino, tra Montalcino e Trequanda, in Val d’Orcia. La ricerca di un enotecnico per la sua nuova cantina le fece scoprire che in questo settore nessuno voleva le ragazze, mentre gli enologi dovevano essere prenotati anni prima. Oggi la squadra di Donatella Cinelli Colombini conta 23 donne su 31 persone in totale. Donatella Cinelli Colombini ha portato avanti le sue idee e ne ha avute di nuove, con pazienza, tenacia e, purtroppo, la consapevolezza di dover dimostrare che con le donne avrebbe costruito e raggiunto i risultati sperati e anche quelli neppure immaginati.

Dalla Toscana saliamo in Veneto, azienda Le Fraghe, dove troviamo Matilde Poggi, che ben quindici anni prima di Donatella Cinelli Colombini, ha iniziato a coltivare il sogno di produrre vino di qualità, nella sua azienda tra le montagne e il Lago di Garda, andando controcorrente rispetto alla tradizione di famiglia che, invece, aveva da sempre venduto le uve ad altri. Dopo trent’anni anche lei continua a sognare, sostenuta dalle sue figlie.

Si potrebbe continuare riempendo pagine e pagine di belle storie dove le protagoniste sono donne imprenditrici che hanno creduto nelle loro potenzialità e hanno portato avanti il loro nome e quello della loro famiglia. Non sarà stata una strada tutta in discesa, senza curve pericolose, ma quello che conta è che, anche grazie a loro, non è più così inusuale trovare un’enologa, una sommelier, un’esperta enogastronomica, finalmente.

Le consumatrici di vino sono aumentate del 10% nell’ultimo anno, secondo dati ISTAT, e sono coloro che maggiormente acquistano una bottiglia in base all’occasione non in base alla marca più o meno blasonata. Sono attente ai dettagli, che fanno la differenza, ma al tempo stesso la annullano.

Non esiste un vino da donna, un vino da uomo, esiste il vino di un territorio, di chi lo produce e di chi saprà apprezzarne il valore.

PAROLA AL SOMMELIER – Come nascono le attuali denominazioni dei vini italiani?


Nel 1861 l’Italia proclamò la sua unità. Dalla suddivisione in regni e granducati la penisola divenne uno stato unitario e il vino divenne “vino italiano”.

Se ci pensate, quindi, il concetto di vino legato al territorio e alla singola regione è sicuramente successivo a quella data!

Nel 1930 un primo passo in avanti: venne emanato un provvedimento che conteneva le prime indicazioni per la tutela delle produzioni Vitivinicole italiane e furono riconosciute e delimitate le zone di produzione di questi vini da parte del Ministero dell’Agricoltura.

Fu questo il momento della prima classificazione dei vini su base qualitativa: i vini cosiddetti “Tipici” furono classificati, in ordine crescente di importanza, in Vini speciali, Vini superiori, Vini fini.

Erano comunque indicazioni poco rilevanti.

Il primo radicale cambiamento si ebbe nel 1963 con il D.P.R. n. 930 sulla tutela delle Denominazioni di Origine che introdusse il concetto, ancora attuale, di Denominazione di Origine e sancì il legame tra vino e territorio. Con questa legge si ebbero le prime norme in materia di produzione e commercializzazione dei vini prevedendo, tra le altre cose, l’introduzione dei disciplinari di produzione, specifici per ogni denominazione. Venne stabilito il nuovo sistema di classificazione dei vini: Vino a Denominazione di Origine semplice; Vino a Denominazione di Origine Controllata; Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita. Tre anni dopo questa legge si ebbe la prima D.O.C., la Vernaccia di San Gimignano, e, nel 1980, il Brunello di Montalcino ottenne il riconoscimento come prima D.O.C.G.

Per anni questo provvedimento è stato il riferimento della vitivinicoltura italiana. Ma è agli inizi degli anni ’90 che si iniziò a pensare ad un rinnovamento perché le denominazioni crescevano e il mercato stava cambiando.

È del 1992 la Legge n. 164 che introdusse, quindi, importanti novità pur mantenendo ben saldo il binomio vino-territorio.

Tra le principali innovazioni contenute nel testo normativo ci furono l’introduzione delle I.g.T (Indicazioni geografiche Tipiche), il riconoscimento delle sottozone e l’obbligatorietà delle analisi chimico-fisiche prima della commercializzazione. Ma la più importante novità fu la classificazione piramidale dei vini e quindi l’idea della qualità legata all’origine.

Tutto questo fino ad arrivare al 2008, anno in cui la Comunità Europea decise di attuare un processo di riforma dell’intero comparto vitivinicolo. Con il reg. n. 479 del 2008 furono introdotte norme sulla produzione, commercializzazione, etichettatura, certificazione, nell’ottica di una sempre maggiore garanzia di qualità e sicurezza del prodotto per il consumatore finale.

La riforma ha guidato verso una semplificazione dell’assetto normativo prevedendo solo due categorie di vini: Vini con indicazione geografica (D.O.P. e I.g.P) e vini senza indicazione geografica (generici o con indicazione del solo vitigno).

L’Italia non ha comunque abbandonato le vecchie sigle D.O.C. e D.O.C.G. che possono essere aggiunte a quelle europee oppure inserite da sole.

Qual è la vostra D.O.C o D.O.C.G. preferita?